sabato 16 gennaio 2010

Il segreto dei monaci / terza parte



E inoltre il seguente, che considero come la nervatura della vocazione monastica, perché san Paolo vi svela la sua vita e la definisce come una corsa:
"Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch'io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù" (Fil 3, 12-14).
Allora l'esistenza non procede più come un tempo, a seconda degli incontri e degli accidenti della vita. Gli eventi fanno spazio all'Avvenimento, il relativo svanisce davanti all'Assoluto, il tempo perde il suo spessore e si fonde nell'eterno, l'amaro disincanto delle creature muta in dolcezza di appartenere tutto a Dio.
Immagino un'obiezione: dove mettete la sofferenza? La vita del monaco progredisce senza storia, andando tranquillamente verso l'ultimo riposo come le acque di Siloe che scorrono in silenzio? No, vi sono degl'incidenti dello spirito, dei drammi nel fondo dell'anima, che nessuno vede; bisogna fare i conti con l'uniformità della vita, i silenzi di Dio, la rinuncia che costa tanto quanto offre. Un monaco [Samuel Stehman O.S.B.] che aveva scritto, per obbedienza, la storia della sua anima aveva intitolato il suo scritto Voyage à l'ancre ("Viaggio sul fondale" [Casterman, Parigi 1949, préface di Gustave Thibon]). Un altro, italiano [Silvestro Maria Dogliotti O.S.B.], aveva dato per titolo alle sue memorie Domani ricomincia la mia vita [Tipografia dei Monasteri, Subiaco 1953]. Questo può essere inteso o come una confidenza che vela la prova del terribile quotidiano, ovvero come l'annuncio di un'aurora ogni giorno più bella. Mi piace questa accezione. A condizione, come diceva Bernanos, di avere la pazienza di andare ogni giorno fino al fondo della notte.
La pazienza, ecco la parola chiave. Si tratta della virtù dei soldati, dei monaci e dei martiri. Di tutti coloro i quali non scelgono i loro tempi. Possiamo dire che da quattordici secoli la virtù della pazienza congiunta al desiderio fa del monaco una sentinella in piedi davanti all'orizzonte del tempo, dove si confrontano gl'imperi. Tuttavia, mi direte, se anche la Chiesa è soggetta alle catastrofi della storia, com'è possibile che l'istituzione monastica non sia ferita a morte?

[Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), Le secret des moines, postfazione a Marc Dem, Dom Gérard et l'aventure monastique, Plon, Parigi 1988, pp. 193-198, ripreso in La vocation monastique, Editions Sainte-Madeleine, Le Barroux 1990, pp. 39-47, e infine in Les amis du monastère, n. 126, giugno 2008, pp. 5-7 (qui p. 6), trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B. - 3 / segue]

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