giovedì 5 agosto 2010

Una meditazione patristica sulla Messa

Dobbiamo dunque disprezzare con tutto il cuore il secolo presente, almeno perché lo vediamo già passato, immolare a Dio sacrifici di lacrime ogni giorno e ogni giorno immolare le vittime della sua carne e del suo sangue. Infatti questa vittima salva, in modo incomparabile, l'anima dalla morte eterna, rinnovando per noi nel mistero la morte del Figlio unico. Benché "risuscitato dai morti non muore più; e la morte non ha più potere su di lui", tuttavia, in sé stesso immortalmente e incorrutibilmente vivente, è immolato per noi di nuovo nel mistero della santa oblazione. Qui il suo corpo è consumato, la sua carne divisa per la salvezza del popolo, il suo sangue sparso non più sulle mani degli infedeli, ma nella bocca dei fedeli.
Perciò pensiamo cos'è per noi questo sacrificio che per il nostro perdono imita sempre la passione del Figlio unico. Chi dunque tra i fedeli potrebbe dubitare che all'ora precisa dell'immolazione i cieli si aprano alla voce del prete, che gli angeli siano presenti a questo mistero di Gesù Cristo, ciò che è innalzato si unisca a ciò che è basso, ciò che è celeste al terreno, e l'invisibile e il visibile si fondano?

[San Gregorio Magno (540 ca.-604), Libro IV dei Dialoghi, 60,1-3]

Share/Save/Bookmark