mercoledì 19 gennaio 2011

Il filosofo contadino

[Ricorre oggi il decimo anniversario della scomparsa di Gustave Thibon (1903-2001), del quale abbiamo in varie occasioni tradotto su Romualdica alcuni scritti (fra cui, nel 2009 e in sei puntate, l’articolo L'equilibrio in altitudine. Meditazioni sulla Regola; e nel 2010 un inedito). Lo ricordiamo trascrivendo l’In memoriam pubblicato dalla rivista Cristianità. Organo ufficiale di Alleanza Cattolica nel numero di gennaio-febbraio 2001 (n. 303), che anticipiamo con un celebre brano di Thibon. Nella foto a fianco, Gustave Thibon con dom Gérard Calvet O.S.B., in occasione di una conferenza presso l’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux]

«Noi non siamo né di destra né di sinistra, non siamo neppure di in alto; siamo di dappertutto! Siamo stanchi di mutilare l’uomo; sia per abbatterlo come a destra, o per adorarlo, come a sinistra, siamo stanchi di separarlo da Dio. Noi non abbandoneremo un solo atomo della verità totale che è la nostra. In nome di che cosa veniamo attaccati? I nostri avversari sono per il popolo? Anche noi. Per la libertà? Anche noi. Per l’autorità? Anche noi. Per la razza, per lo stato, per la giustizia? Anche noi siamo per tutto ciò, ma per ogni cosa al suo posto. Ci si può battere solo strappandoci le nostre stesse membra. Essendo per il tutto siamo per ogni singola parte. Non vogliamo divinizzare nulla della realtà umana e sociale, poiché abbiamo già un Dio; e neppure vogliamo rifiutare nulla, poiché tutto è uscito da questo Dio. Non siamo contro nulla. O piuttosto, giacché il Nulla è oggi in azione, siamo contro il Nulla. Di fronte ad ogni idolo difendiamo la Realtà che l’idolo annienta. Sotto qualsiasi maschera si presentino, noi diciamo no a tutti i volti della morte. Nella lotta senza scampo che mette alle prese i negatori e i corruttori del Vangelo, da sempre abbiamo preso posizione: siamo del Partito di Cristo»
. (Gustave Thibon)

Il 19 gennaio 2001, a Saint-Marcel-d’Ardèche, nel Midi di Francia, è scomparso, quasi centenario, lasciando tre figli e nipoti, Gustave Thibon. Ed è scomparso nello stesso luogo in cui era nato il 2 settembre 1903, figlio e nipote di contadini. In occasione delle esequie il vescovo diocesano, S. E. mons. François Blondel, ordinario di Viviers, ha — fra l’altro — affermato in un messaggio che «la Chiesa di Francia gli è riconoscente» e, dopo averne citato due pensieri — «Porto in me dei morti più viventi dei viventi. Il mio più grande desiderio è di rincontrarli» e «Mio Dio, al momento della mia morte prendetemi come m’avete fatto e come mi sono disfatto, e abbiate pietà in me della Vostra immagine» —, ha auspicato «che il Signore della speranza esaudisca questa duplice preghiera».
Testimone eminente del secolo XX, è stato definito «il filosofo-contadino», in quanto autodidatta e vignaiolo almeno fino agli anni 1950. Tornato a venticinque anni alla fede cattolica dalla quale si era allontanato nel corso dell’adolescenza, compie studi di filosofia e di storia del pensiero ed è profondamente segnato — anche attraverso un rapporto dialettico — dallo stoicismo classico, da san Tommaso d’Aquino (1225 ca.-1274), da san Giovanni della Croce (1542-1591) e da Friedrich Nietzsche (1844-1900), nonché dall’amicizia con Jacques Maritain (1882-1973), con Marcel de Corte (1905-1994), con Gabriel-Honoré Marcel (1889-1973) e con Simone Weil (1909-1943). Con la Weil Thibon intesse un profondo dialogo spirituale: ebrea e trotzkysta, «filo-cristiana» ma mai convertitasi alla fede cattolica, ella deve al filosofo-contadino non solo la propria incolumità negli anni del secondo conflitto mondiale, ma anche, grazie alla pubblicazione postuma dei diari, l’ingresso nella vita culturale. Del sodalizio è testimonianza il volume Simone Weil come l’abbiamo conosciuta (trad. it., con una prefazione di Franco Ferrarotti, Àncora, Milano 2000), pubblicato a Parigi nel 1952 dal padre domenicano Joseph-Marie Perrin e dallo stesso Thibon.
Riflettendo con profondità e con semplicità non comuni su temi quali Dio, l’amore e la morte, Thibon è fra i più acuti critici del «mondo in frantumi» della modernità filosofica, al quale oppone la Croce di Cristo che sola salva, apprezzata pure nei suoi risvolti culturali, politici e sociali, e incarnatasi in una tradizione bimillenaria di cui Thibon impara progressivamente a riconoscersi come figlio.
Conferenziere brillante, è autore di numerosi saggi, articoli e interventi, talora raccolti in volumi a più mani. In lingua italiana sono stati editi, fra altri: Quel che Dio ha unito. Saggio sull’amore (Società Editrice Siciliana, Mazara del Vallo [Trapani] 1947); La scala di Giacobbe (Anonima Veritas, Roma 1947); Nietzsche o il declino dello spirito (Edizioni Paoline, Alba [Cuneo] 1963); e L’uomo maschera di Dio (SEI, Torino 1971).
Le sue opere più significative e più note sono Diagnostics. Essai de physiologie sociale, uscita nel 1940 con prefazione di Marcel, e il suo «seguito» Retour au réel. Nouveaux diagnostics, del 1943. A questi due scritti è principalmente legata la «fortuna» italiana di Thibon. Il primo, pubblicato a Brescia nel 1947 dalla Morcelliana con il titolo Diagnosi. Saggio di fisiologia sociale, viene ritradotto e riproposto nel 1973 a Roma, con il medesimo titolo, dall’editore Giovanni Volpe (1906-1984), facendo seguito alla prima edizione italiana di Ritorno al reale. Nuove diagnosi, del 1972.
La pubblicazione di quest’ultimo testo in Italia è frutto del rapporto culturale e spirituale nato, e negli anni sviluppatosi, fra il filosofo transalpino e Alleanza Cattolica, per la formazione dei cui militanti Thibon ha svolto e svolge un ruolo di autore di riferimento.
Le due opere sono state riproposte nel 1998 in un unico volume, Ritorno al reale. Prime e seconde diagnosi in tema di fisiologia sociale, con una premessa di Marco Respinti (Effedieffe, Milano).

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