lunedì 28 febbraio 2011

Terzo anniversario della morte di Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008)

Mercoledì scorso dom Gérard e io eravamo in automobile. Tornavamo dalle esequie di sua cognata, la moglie di Jean Calvet. Stavamo recitando l’ufficio di Nona. Dom Gérard amava molto l’inno di questo ufficio, che paragona il calare del sole alla gloria eterna che accompagna una santa morte. Abbiamo trascorso cinque ore assieme, cinque ore deliziose, grazie alla sua benevolenza, alla sua cultura, alla sua grande presenza di spirito e alla sua ampiezza di vedute. Avrebbe amato morire in coro. Officiava Nona quando ha avuto un attacco. Le sue ultime parole sono state: «Pater noster». Si è leggermente prostrato per significare l’inclinazione profonda che facciamo in rispetto della maestà del Padre celeste, e non si è più rialzato. La sua morte, come l’intera sua vita, assomiglia a un semplice e maestoso tuffo nelle braccia del Padre, un tuffo in Dio. In maniera provvidenziale, le sue ultime parole sono come un ultimo testamento, il riassunto di tutta la sua vita, Pater noster.
Dom Gérard non ha cessato di ripetere e di vivere durante tutta la sua esistenza di monaco, di fondatore e di abate, il primato di Dio. Nella sua vita non vi è nulla di mediocre, nulla di piccolo, nulla di facile, perché vedeva le cose alla luce della trascendenza di Dio. È la trascendenza di Dio che l’ha catturato nella vita monastica. Ascoltate la sua confessione, quando definisce la vita contemplativa: «È Dio che ne è il principio e la fine. Dio, per la sua stessa eccellenza, suscita la vita contemplativa. Dio merita infinitamente che delle creature s’impegnino, si consacrino totalmente, per sempre ed esclusivamente, a cercarlo, a lodarlo, ad adorarlo; è questa la norma… Una religione che non è contemplativa, è indegna di Dio! Allora, poiché egli è interessato a Dio al di sopra di tutto, non soltanto lo prova, ma egli inoltre testimonia l’eccellenza di Dio».
Dom Gérard è un autentico cavaliere di Dio.
È sufficiente guardare questa chiesa abbaziale e questo monastero, la cui mole di lavori fu una vera sfida – se non una provocazione – al mondo moderno senza Dio. Nulla è troppo grande per le opere compiute al servizio della maestà divina. Quest’abbaziale esprime di per sé stessa tutta l’audacia della sua adorazione e della sua fiducia in Dio.
Dom Gérard è assai noto per avere difeso con vigore il principio di verità, come si evince dalla lunga serie di lettere agli amici. La più grande battaglia di tutti i tempi, secondo la parola del suo maestro André Charlier. Dom Gérard ci ha messo in guardia contro questa tendenza che hanno gli uomini di preferire – giacché meno pericolose a viversi – le verità sminuite, che non fanno più paura ad alcuno. Egli orientava bensì il nostro sguardo verso quei grandi santi, verso coloro che hanno fatto l’Europa, verso quegli uomini e quelle donne che indirizzano la storia al cielo, e che sono sempre stati controcorrente, che hanno sempre mantenuto alta la barra per rispondere completamente alle esigenze della verità integrale.
Un giorno Gustave Thibon gli scrisse, in una lettera divertente e profonda, che aveva scelto il posto giusto fra «il caravanserraglio progressista in cui tutto si confonde e l’isolotto integrista in cui tutto si separa». Dom Gérard gli rispose che fra questi due estremi, non vi è che un solo posto a essere quello giusto, ovvero quello che unisce a un’autentica passione per la verità integrale, un amore generoso per questo mondo in procinto di nascere.
Dom Gérard è ancora più conosciuto per la sua difesa della liturgia tradizionale. È ben noto e finanche temuto. Perché si tratta di un ambito sacro che ci prende tutti al cuore. In quanto la liturgia è indissolubilmente legata alla fede, alla verità della fede, alla verità integrale della fede. Egli amava questa grande liturgia ricevuta dalla profondità delle epoche, levigata dal tempo e dall’esperienza; amava questa liturgia come una meravigliosa educatrice, che insegna – meglio di qualsivoglia altro procedimento – a fare l’apprendistato della trascendenza di Dio.
Qui si comincia a toccare con mano la vita interiore di dom Gérard. Ieri ho iniziato l’omelia con questa citazione di san Pio X che dom Gérard prediligeva: «La liturgia è la prima e indispensabile fonte dell’autentico spirito cristiano». Più profondamente ancora, ci lasciava qualcosa della sua anima quando svelava che nelle cerimonie sacre, solenni, «qualcosa di celeste e di pacificante viene a toccare la terra; la liturgia suscita in noi uno spirito d’infanzia che si meraviglia, uno spirito d’adorazione che è lo zoccolo dell’umiltà e la condizione dell’autentico amore, uno spirito di pace fra gli uomini, che essa raduna e unisce con dolcezza attorno all’Uomo-Dio, presente in sacramento».
Per cercare di entrare nell’intimità di Dom Gérard bisogna entrare nella vita interiore. Quando gli si rivolgevano dei complimenti sulla sua comunità – giovane, fervente, numerosa – rispondeva che la bellezza e l’avvenire di una comunità sono soprattutto legati alla qualità della vita interiore di ciascuno dei suoi membri e non alle variazioni della sua apparente prosperità. Dom Gérard ci socchiudeva il suo cuore quando cantava questa beatitudine: «Beate le comunità i cui monaci, sia nel silenzio della cella sia nel loro stallo al coro, possono gustare qualcosa del bene sovrano e conoscere le primizie delle gioie eterne». Nella lettera n. 95 Les amis du monastère ci lanciava una sfida, a noi suoi figli, ricordandoci che la nostra comunità si è ingrandita grazie all’influenza esercitata su di essa dal ricordo e dall’esempio dei nostri fondatori: Padre Muard, un uomo di grande preghiera, Dom Romain Banquet e Madre Marie Cronier, per i quali l’idea guida fu la vita interiore. Precisava che era senza alcun dubbio in questa direzione che avremo dovuto lavorare, se vogliamo restare fedeli allo spirito del nostro santo Patriarca. La vita interiore non è affatto un abbandono codardo della sfera temporale e dei nostri fratelli del secolo, ma una vita interamente persa in Dio per la vita del mondo. Diceva che il monaco deve agire non nel mondo, ma sul mondo.
Dom Gérard è ben noto per le sue battaglie, ma per non farne una caricatura non si dovrà dimenticare la sua grande bontà e la sua profonda dolcezza. Dom Gérard credeva alla potenza della verità e credeva altresì a quella della bontà. «La bontà – ricordava, riprendendo un proverbio indiano – è come il legno di sandalo che profuma la scure che lo taglia». Sapeva che questa dolcezza era indispensabile da una parte e dall’altra per una riconciliazione fra mons. Lefebvre e Roma. Ecco cosa scriveva all’inizio del 1988: «Non si può nascondere la gioia che regna in queste case, la rettitudine dottrinale, l’abbondanza e la giovinezza del reclutamento. Ma supponiamo che sia realizzabile una soluzione di reintegrazione di queste opere nel quadro ufficiale della Chiesa; si ritiene che ciò si produca senza uno sforzo di mutua comprensione?». È un’intenzione di preghiera che ha portato nella sua corona del Rosario da vent’anni e che ora ha portato in Cielo.
Nell’automobile che ci conduceva a Bordeaux, qualche giorno fa, parlavamo di queste divisioni nel seno della Chiesa, di queste divisioni che sono ovunque e sono la causa di tutte le assenze di carità. Lo rivedo fare un gesto che gli era di costume, con le mani sulle tempie, ed esclamare: «È spaventoso».
Per quel che riguarda la nostra comunità, mi faccio un dovere di ricordare la sua ultima esortazione in qualità di abate. Era il 24 novembre 2003, la vigilia dell’elezione del suo successore. Ci ricordò i tre pilastri della fondazione: la verità, la Regola e la liturgia, e aggiunse che mancava qualcosa, quel qualcosa senza il quale ogni fondazione è traballante. Quel qualcosa, è la corrente di carità fraterna. E ci diede come modello la bella icona del mistero della Visitazione. La beata Vergine Maria, Madre del Salvatore, che abbraccia sua cugina Elisabetta nella quale sussulta san Giovanni Battista. Vi ricordo le sue ultimissime parole d’abate: «È l’ultima volta che mi pronuncio come abate davanti a voi… Potete indovinare tutta la mia emozione… Le mie ultime parole saranno: Amatevi gli uni gli altri». Indicandoci questo, ci rimandava al suo patto con i santi angeli. Aveva loro chiesto due cose: anzitutto che non ci fossero incidenti alle persone sul cantiere, e in secondo luogo che non venissero compiute delle ferite alla giustizia e alla carità. Dicendoci quelle ultime parole, ci immergeva nell’incandescente carità di Padre Muard, che ha tanto amato. Padre Muard aveva dato ordine che in tutte le case uscite dalla Pierre-qui-Vire dovevano essere scolpite sulla pietra queste parole di san Giovanni: «Amatevi gli uni gli altri». Il suo desiderio era che questa divisa si possa inscrivere nei nostri cuori.
Per penetrare un po’ di più nell’anima del nostro veneratissimo padre, bisogna adesso volgerci alla Nostra Signora. Egli aveva assunto quale insegna «Per Te Virgo» ed Ella campeggia sul suo stemma abbaziale sotto forma di stella, Stella maris. Dom Gérard aveva una pietà mariana quasi impetuosa. Da bambino le aveva costruito un oratorio e sembra che occorresse calmarlo dai suoi ardori nel coinvolgere la sua intera famiglia a pregare Nostra Signora per la Francia. È vero che non ha dedicato molte lettere alla Vergine Maria. Era diventato il suo giardino segreto, che non apriva se non in una grande intimità. La prima volta che l’ho incontrato per aprirmi a lui circa la mia vocazione gli dissi due cose; in primo luogo che avevo trovato a Le Barroux le due condizioni della mia vocazione: la fedeltà a Roma e lo spirito tradizionale. Dopo di che parlammo a lungo della santa Vergine e della potenza protettrice del Rosario contro i torrenti distruttori del secolo. Mi confidò che era stata Maria a fare uscire la fondazione dall’impasse. Non sentiremo più il clicchettio del suo Rosario. È partito un 28 febbraio, giorno dell’undicesima apparizione della santa Vergine a Lourdes.
Avevo la mia mano sul suo cuore, ho sentito l’ultimo battito del suo cuore, e conservo ancora sul palmo della mano quest’ultimo flebile battito del cuore. Lo conservo per me.
Dio ci ha dato Dom Gérard.
Dio ci ha tolto Dom Gérard.
Che Dio sia lodato per sempre.
Pater noster.

[Omelia pronunciata da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate di Le Barroux, il 3 marzo 2008, in occasione delle esequie di Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo abate dell’abbazia Sainte-Madeleine, in Reconquête. Revue du Centre Charlier et de Chrétienté-Solidarité, n. 247-248, aprile-maggio 2008, pp. 11-12, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]

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