sabato 5 marzo 2011

Nihil Operi Dei praeponatur

La liturgia sarà sempre al primo posto delle opere per mezzo delle quali i figli di san Benedetto si sforzano di stabilire nelle anime il regno di Cristo. Non mi riferisco, in questo caso, al suo influsso spirituale né al suo ruolo in quanto preghiera indirizzata a Dio in nome del popolo cristiano.
La sua celebrazione solenne è di per sé stessa un potente mezzo d’azione sugli uomini. Quando essa è eseguita in maniera irreprensibile, quando tutte le arti di cui è la sintesi meravigliosa le prestano il loro soccorso, e quando i canti e i riti sacri aggiungono alle magnificenze della chiesa monastica l’anima che la fa vivere, essa produce un effetto grandioso al quale nessuno saprebbe sottrarsi. Le bellezze di cui ella riveste il pensiero religioso la manifestano con una luminosità e una grandiosità che l’aiutano in maniera singolare a illuminare i cuori e a fortificare le loro convinzioni cattoliche. La sua misteriosa eloquenza ha la semplicità del Vangelo; essa è alla portata dell’uomo del popolo e allo spirito più coltivato.
In tal guisa la liturgia diventa lo spettacolo religioso per eccellenza, di cui una nazione che vuole rimanere cristiana non saprebbe mai fare a meno. Le predicazioni le più eloquenti, la musica la più elevata, le riunioni preparate con il maggior zelo e intelligenza, non potranno sostituirla impunemente. Perciò si potrà giudicare il vigore del sentimento cristiano in un paese mediante lo spazio che viene dato alle solennità liturgiche. Da dove proviene la superiorità religiosa del Medioevo, il quale, malgrado i suoi limiti incontestabili, ha visto l’apogeo dello sviluppo sociale della vita cristiana? Come ha rivelato principalmente la sua linfa esuberante se non per mezzo della liturgia? Le prose, le sequenze, gli inni, i canti, le feste che ci ha tramandato, le sue magnifiche chiese ancora visibili e i resti della sua oreficeria conservati nei nostri musei, lo dicono in maniera eloquente. Testimoni innumerevoli narrano ancora nei loro scritti la felicità e la fedeltà con le quali i principi e i popoli seguivano gli uffici divini; e la storia attesta che la diminuzione e la diserzione della lode al Signore precede e accompagna sempre l’abbassamento pubblico del senso cristiano.

[Dom Jean-Martial Besse O.S.B. (1861-1920), Le moine bénédictin, Librairie de l'Art catholique, Parigi 1921, pp. 182-183, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]

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