venerdì 19 agosto 2011

La preghiera liturgica nella vita dell’oblato

Il culto più perfetto che possiamo rendere a Dio, il solo che sia veramente degno di Lui, che sia, per così dire, adatto alla sua misura, è il sacrificio di suo Figlio, il sacrificio del Verbo Incarnato, realizzato storicamente e nella sua forma cruenta sul Calvario, e perpetuato attraverso il tempo nella sua forma mistica e sacramentale nella S. Messa. Ed è per questo che la S. Messa è il centro ed il vertice di tutta la liturgia cristiana; ed è ugualmente per ciò che la messa solenne costituisce ogni giorno per i monaci il fulcro intorno al quale si organizza tutto il complesso delle Ore dell’Ufficio divino.
Così, nel suo desiderio di ritmare la sua vita di preghiera con quella del suo monastero, l’oblato amerà partecipare alla S. Messa il più spesso che potrà, essendo evidentemente l’ideale che possa assistervi ogni giorno, senza tuttavia che ciò possa costituire per lui un dovere di coscienza, né un obbligo sotto pena di peccato.
Viene poi l’Ufficio divino. La semplice lettura della Regola mostra tutta l’importanza che S. Benedetto attribuisce alla preghiera liturgica e quale posto privilegiato le assegna nell’organizzazione della giornata monastica.
L’Ufficio divino, lo sappiamo, comprende due grandi Ore: Lodi e Vespro, preghiere solenni del mattino e della sera, derivate direttamente dall’olocausto che si offriva ogni giorno, all’aurora e al crepuscolo, nel Tempio di Gerusalemme; poi le Ore minori, che scandiscono lo svolgimento della giornata: Terza, Sesta, Nona, alle quali si aggiunge l’Ufficio della Compieta, al momento di andare a letto. In quanto al Mattutino, ora chiamato Ufficio delle Letture, esso costituisce per la liturgia monastica la parte più sviluppata dell’Ufficio divino. Esso è impostato normalmente per santificare le ore della notte consacrate alla preghiera; da ciò l’antico nome di Veglie e la loro suddivisione in Notturni.
In occasione dei loro soggiorni al monastero, e più ancora, se hanno la grazia di vivere normalmente nelle sue vicinanze, gli oblati amano sempre associarsi, per quanto lo possono, alle celebrazioni di queste Ore dell’Ufficio. Essi ne gustano il ritmo regolare, mai monotono, che contribuisce così largamente a mantenere le anime in un’atmosfera di raccoglimento, di preghiera e di pace. Così pure, al di fuori di questo periodo e di queste circostanze privilegiate e quando ciò può inserirsi nel quadro abituale della loro vita quotidiana familiare e delle loro occupazioni professionali, cercano volentieri di conservare, in tutta la misura possibile, un contatto vivo con la grande preghiera monastica solenne che compiono regolarmente i loro fratelli, i monaci.
Ed è anche molto raro che gli oblati viventi nel mondo abbiano la possibilità di recitare interamente il Breviario. Ed in particolare l’Ufficio del Mattutino, molto sviluppato nel rito monastico, non sarà generalmente utilizzato che da alcune persone, in particolare sacerdoti, per i quali la celebrazione dell’Ufficio divino costituisce uno stretto obbligo. Il più spesso l’oblato verrà a trovarsi nella necessità di fare una scelta fra le Ore del giorno. Alcuni preferiranno orientarsi verso gli Uffici più solenni delle Lodi e del Vespro, dei quali faranno volentieri le loro preghiere del mattino e della sera; altri sceglieranno piuttosto le Ore minori; forse anche una sola di esse, perché ciò si armonizzerà meglio con l’organizzazione della loro giornata e con i loro bisogni spirituali. […]
In fondo, quello che resta essenziale per l’oblato – e che occorre non perdere mai di vista – è l’intenzione profonda che egli deve avere di offrire a Dio, in unione con il suo monastero, una lode che sia il più possibile nello spirito di ciò che vuole la Chiesa per la sua preghiera ufficiale, cioè una preghiera composta principalmente di testi sacri fondati sulla Scrittura, e quindi direttamente ispirati dallo Spirito Santo. Tradizionalmente, il posto più importante è tenuto nella liturgia cristiana dai salmi, posto che avevano già nella liturgia dell’Antico Testamento. E grazie alla portata universale che ha impresso su di loro lo Spirito Santo, grazie alla larghezza ed adattamento di espressione che dà loro un carattere poetico, grazie alla varietà delle circostanze nelle quali essi sono stati composti e degli stati d’animo che li hanno ispirati, restano sempre la sorgente più ricca e più attuale della preghiera cristiana.

[Dom Jean Guilmard O.S.B., Gli oblati secolari nella famiglia di San Benedetto, trad. it. a cura degli Oblati Benedettini della Badia di Cava (Salerno), 1979, pp. 79-81 e p. 84]

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