mercoledì 19 ottobre 2011

Intervista a Dom Louis-Marie, abate di Le Barroux (prima parte)

[Grazie alla cortese autorizzazione di Christophe Geffroy, direttore del mensile La Nef e autore dell’articolo, riproduciamo in trad. it. a nostra cura l’intervista al Padre Abate dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux, Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., Un monastère pour le XXIe siècle, comparsa in La Nef, n. 230, ottobre 2011, pp. 18-21 (qui pp. 18-19) / 1 - continua]


Dom Louis-Marie Geyer d'Orth O.S.B.,
Padre Abate di Le Barroux
Un monastero per il secolo XXI

In un tempo di crisi delle vocazioni, l’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux fonda un nuovo monastero. Il Padre Abate ci parla della costruzione di Notre-Dame de la Garde e dell’attualità della vita benedettina tradizionale

Non è paradossale costruire un nuovo monastero, mentre così tante antiche abbazie sembrano vuote o abbandonate?
L’ideale per noi sarebbe stato di trovare un’abbazia già esistente. Per questa ragione, prima d’intraprendere i lavori, ho scritto a un vescovo per chiedergli se potevamo subentrare in un’abbazia che stava per essere completamente restaurata. Ma ciò non è stato possibile né auspicabile per la diocesi. Non si deve dimenticare che per fondare in una diocesi occorre assolutamente l’autorizzazione del vescovo. Una tale accoglienza, dopo una lunga ricerca e molteplici inconvenienti, l’abbiamo trovata presso da diocesi di Agen. Monsignor Jean-Charles Descubes credeva alla forza della preghiera dei contemplativi, anche se non adottava tutto ciò che costituisce il nostro proprio carisma. Quanto a riutilizzare un edificio storico, devo ricordare ai nostri generosi donatori che la restaurazione è assai più costosa di una costruzione.

Potete spiegarci il cantiere nel quale vi siete impegnati? Cosa intendete costruire, e di quali aiuti beneficiate?
La comunità della fondazione aveva assolutamente bisogno di pianificazione e, per non svolgere i lavori in maniera frammentaria, abbiamo scelto un architetto che ha impostato un piano d’insieme. Abbiamo iniziato con il costruire i laboratori definitivi, al fine di potere restaurare gli spazi comuni e il granaio che fino allo scorso giugno erano ancora utilizzati come laboratori provvisori. Ora ci lanciamo in un grande cantiere, il futuro ostello, distribuito su due edifici che saranno collegati da un “ponte”, e il cui tetto dev’essere interamente rifatto; tale ostello sarà composto da un piccolo refettorio, otto stanze, i bagni, una grande scalinata e un parlatorio. Per questa tappa abbiamo bisogno di 600.000 euro. Quanto all’aiuto di cui abbiamo sin qui beneficiato, esso proviene da una parte da qualche raro grande benefattore, e inoltre da una folla di donatori più modesti, ciascuno dei quali – mediante l’“obolo della vedova” così lodato da Gesù – ha aggiunto il suo piccolo ruscello per formare un fiume più abbondante: tutti partecipano secondo la loro misura, ed è questo che conta per Dio.

Per molti Le Barroux fa rima con Dom Gérard, il fondatore: come si manifesta al giorno d’oggi la sua presenza, e cosa ricordate di questa forte personalità?
Dom Gérard ci ha generati alla vita monastica. Gli dobbiamo la nostra tradizione, la nostra formazione, la nostra professione religiosa, alla quale ci ha accolti. Quando sono venuto al monastero, vent’anni fa, gli dissi che cercavo a Le Barroux lo spirito tradizionale e la fedeltà a Roma, ed egli mi rispose che vi era tutto questo. Vi sono poi le tre colonne: anzitutto la dottrina tradizionale, insegnata per mezzo della filosofia tomista; poi le osservanze monastiche, radicate nella pietà filiale verso i nostri fondatori, san Benedetto, Padre Jean-Baptiste Muard – fondatore della Pierre-qui-Vire –, Dom Romain Banquet e Madre Marie Cronier, creatori delle abbazie sorelle di En-Calcat e Dourgne; infine la liturgia celebrata nella forma straordinaria del Rito romano. Dom Gérard ci ha insegnato a custodire gelosamente il tesoro degli antichi, ma per viverne e non per conservarlo come in una camera stagna. Un nostro fratello ha detto che Dom Gérard si svegliava tutte le mattine nuovo come un bambino, ciò che gli ha permesso di passare attraverso molte prove. Questo potere di ringiovanire tutti i giorni, egli lo traeva dalla sua vita interiore, dalla sua grande fiducia nella Vergine Maria e dal suo solido legame con Nostro Signore Gesù Cristo. È sul basamento della sua vita interiore che si poggiava la sua battaglia per la cristianità.

La vostra abbazia recluta, al punto che siete stati obbligati ad aprire una fondazione, nel 2002; anche in questo caso siete controcorrente, perché ovunque si parla della “crisi” delle vocazioni: avete una “ricetta”?
No, nessuna ricetta. La ricetta è Dio, dunque non è una ricetta che si può fare uscire dal cassetto. La sola cosa che conta per noi è di essere fedeli alla nostra vocazione, di credervi, di amarla, di vivere nella pietà filiale. Questo detto, i giovani, è evidente, cercano la radicalità che il Santo Padre ha richiamato in occasione della GMG nel suo discorso ai religiosi. Hanno bisogno di strutture chiare e nette, e non di una ricerca indefinita d’identità in perpetua mutazione. Vogliono degli autentici maestri di preghiera e di vita. E poi noi abbiamo il carisma di Dom Gérard, che ha attratto molti giovani; e ancora – capite bene – i giovani attirano i giovani.

La vostra abbazia vive lo spirito della Congregazione Sublacense, in Francia rappresentata da Padre Muard, meno nota di quella di Solesmes, fondata da Dom Guéranger. Cosa vi distingue dalle altre obbedienze benedettine?
La mia risposta necessiterebbe alcune sfumature, ma grosso modo: Solesmes è stata fondata nel 1833 da Dom Guéranger, uomo di Dio, d’origine canonicale, coltivato negli studi, appassionato di liturgia. Credo si possa dire che la sua restaurazione benedettina avesse per fine il rinnovamento liturgico. La Pierre-qui-Vire è stata fondata nel 1850 da Padre Muard, un altro uomo di Dio, ma curato di parrocchia, poi missionario diocesano, d’orientamento più direttamente apostolico. Egli fondò il suo monastero affinché la testimonianza di una vita povera, umile e mortificata potesse dare qualche frutto di conversione mediante le missioni. Anche l’osservanza era più ascetica, poiché Padre Muard aveva svolto il suo noviziato all’abbazia trappista di Aiguebelle, la cui austerità peraltro inviava molti giovani monaci in Cielo. Sia come sia, En-Calcat, fondata nel 1890 dalla Pierre-qui-Vire, fu molto vicina a Solesmes, e i due rispettivi Abati, Dom Banquet e Dom Delatte, pensarono a un dato momento di unificarsi. Madre Cronier, fondatrice dell’abbazia Sainte-Scholastique di Dourgne, aveva svolto il proprio noviziato a Sainte-Cécile di Solesmes, e intratteneva una profonda amicizia spirituale con la Madre Abbadessa di Kergonan, figlia di Solesmes. Al giorno d’oggi le diverse branche si sono diversificate al punto che, quanto alla liturgia, all’orientamento dottrinale – particolarmente filosofico –, noi siamo ormai più vicini a Fontgombault e alle sue abbazie figlie – facenti parte della Congregazione di Solesmes – che non alla Pierre-qui-Vire.

I monasteri hanno svolto un ruolo essenziale nell’evangelizzazione dell’Europa. Nella nostra epoca di forte scristianizzazione, voi monaci non siete chiamati a svolgere un nuovo ruolo “civilizzatore”? Una tale missione è compatibile con la vita nel chiostro?
Se san Benedetto è diventato il patrono d’Europa con la croce, il libro e l’aratro – come ha detto Papa Paolo VI –, egli non l’ha fatto appositamente; occorre rileggere la conferenza di Benedetto XVI al Collège des Bernardins, nel quale spiega molto bene come i monaci abbiano influenzato la civiltà cristiana; costoro non avevano che un unico e nobilissimo fine: cercare Dio. E non a caso, ma sul sentiero sicuro della Parola di Dio, letta, meditata, studiata, contemplata, cantata, vissuta, incarnata, incorporata. Per riassumere, non mi rimane che citare Dom Gérard: «Prima di essere delle accademie di scienza e dei crocevia della civilizzazione, i monasteri sono stati delle dita silenzione puntate verso il cielo, il richiamo ostinato, non negoziabile, che esiste un altro mondo di verità e di bellezza, di cui l’attuale non è che l’immagine, che esso annuncia e prefigura».

[Per aiutare i lavori di costruzione del Monastero Sainte-Marie de la Garde (47270 Saint-Pierre-de-Clairac, Francia), di cui abbiamo parlato già in altre occasioni (in particolare si veda: qui e qui), si rimanda al sito Internet http://www.jeconstruisunmonastere.com/]

Il monastero Sainte-Marie de la Garde
(credito fotografico: "Haut Relief")


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