martedì 21 maggio 2013

Pellegrini della Tradizione

Come da ormai oltre tre decenni (per la cronaca del 2011 si veda qui; per la cronaca del 2012 si veda qui), dal 18 al 20 maggio 2013 si è svolta la 31ma edizione del Pellegrinaggio di Pentecoste, che come vuole la tradizione ripresa da Charles Péguy (1873-1914) – riattivata, nel 1983, nello spirito dei fratelli Henri (1883-1975) e André Charlier (1895-1971) –, accompagna i pellegrini a piedi, dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, per un totale di circa cento chilometri. A organizzare questo imponente pellegrinaggio è l'associazione Notre-Dame de Chrétienté, secondo una carta fondativa che vuole questa iniziativa – d'impronta mariana e liturgicamente vincolata alla forma extraordinaria del Rito romano – posta sotto l'egida del motto Tradizione - Cristianità - Missione.
Quest’anno il tema del pellegrinaggio è stato Educazione cammino di santità, che dopo i temi della difesa della vita e della famiglia – al centro dei pellegrinaggi del 2011 e 2012 –, rappresenta il terzo dei punti non negoziabili sui quali il Magistero pontificio è tornato a più riprese. Sono stati circa 15.000 i pellegrini che durante le scorse giornate hanno marciato e pregato (perlopiù sotto la pioggia), così realizzando un’avventura umana e spirituale, accompagnati da centinaia di sacerdoti e religiosi. Fra costoro, come da tradizione, una rappresentanza del monastero benedettino Sainte-Madeleine di Le Barroux: rimane celebre l’omelia pronunciata a Chartres nel 1985, in conclusione di quell’edizione del pellegrinaggio, da Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo abate di Le Barroux, alla cui lettura e meditazione ancora oggi rimandiamo. Così pure, volentieri rimandiamo alla lettura dell'omelia pronunciata nel 2005 dall'attuale abate di Le Barroux, Dom Louis-Marie Geyer d'Orth O.S.B., il quale ha chiuso quest'anno l'uscita processionale dalla cattedrale di Chartres al termine della Messa – celebrata da S.E. mons. Eric Aumonier, vescovo di Versailles –, com'è possibile vedere nel breve video che segue.
 


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giovedì 9 maggio 2013

Papa Francesco e la liturgia

[Grazie alla cortese autorizzazione di Christophe Geffroy, direttore del mensile La Nef, riproduciamo in trad. it. a nostra cura l’editoriale di Loïc Mérian, François et la liturgie, comparso in La Nef, n. 247, aprile 2013, p. 11]

Alcuni fedeli sono forse rimasti sorpresi dall’apparente orientamento liturgico scelto dal nuovo Papa Francesco. I commentatori non si sono sbagliati, sottolineando le differenze di «stile» fra il nuovo Papa e il suo predecessore. Non mi verrebbe in mente di dire che si tratta di una questione di sensibilità. I discorsi forti sul tema di Benedetto XVI, ai quali molti hanno pienamente aderito, ricordavano al contrario che la liturgia è per essenza sacra, che è legata alla regola della fede e che dunque la cura che vi è data non è un lusso accessorio, ma una necessità assoluta, finanche un’urgenza per il nostro tempo. Si sbaglierebbero pesantemente coloro i quali volessero ritenere sorpassati questi richiami , e l’insegnamento costante e ripetuto della Chiesa sull’argomento dà loro torto.
A prima vista non mi sembra che sulla forma il nuovo Papa abbia scelto di mettere in opera questa visione nelle sue celebrazioni. Nessuno si arroghi il diritto di giudicare sul fondo del suo pensiero. Prima di Benedetto XVI, né Giovanni Paolo II né Paolo VI avevano manifestato la medesima volontà del «Papa liturgo» di fare di questa disciplina uno dei polmoni del loro programma pontificio. Nessuno può negare che questi due Papi non hanno condotto il loro sforzo su un primato della sacra celebrazione della liturgia. Si tratta certamente del caso di altri Papi prima di loro. Che taluni Papi abbiano maggiormente messo in luce questo o quell’aspetto del deposito della fede, alcune modalità della sua trasmissione, certe pratiche atte a favorire la fede, è un’evidenza. Ciò non toglie nulla ai loro meriti, alla loro fede personale, e soprattutto ciò non toglie nulla in sé alla fede della Chiesa. Chi potrebbe affermare che questi Papi non tenevano in considerazione la liturgia o che pensassero che essa non è intimamente legata alla dottrina? Si può ritenere che la liturgia, nella sua manifestazione esteriore, ha una forza kerygmatica altrettanto forte della predicazione o del servizio ai poveri…, ma si può altresì scegliere uno di questi assi preferenzialmente agli altri, pur rimanendo perfettamente cattolici. Personalmente conosco molti sacerdoti pienamente ortodossi, spirituali, impegnati corpo e anima nel loro ministero, per i quali la liturgia non è la priorità assoluta o la soluzione alla crisi della fede. Può spiacermi la loro maniera più spoglia e semplice di celebrare. Il che non significa che non attribuiscano alcuna importanza alla liturgia. Questo non impedisce loro di essere missionari, zelanti, di dottrina sicura… e per alcuni fra loro di essere degli autentici «santi sacerdoti». Scacciamo allora quest’amarezza poco arricchente, siamo certi che lo Spirito Santo ha scelto il Papa Francesco per la nostra santificazione e per condurre con sicurezza la barca della Chiesa.
Se il nostro attaccamento alla liturgia è tale come lo pretendiamo essere, allora raddoppiamo gli sforzi per fare conoscere l’eredità di Benedetto XVI in quest’ambito, affinché sempre più cattolici riscoprano gli immensi tesori spirituali, teologici e missionari della liturgia della Chiesa, ciascuno al suo vero posto e secondo il suo carisma.

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