martedì 25 febbraio 2014

Finalmente, è stato Lui ad avere l’ultima parola

Bernardino Licinio (1485-1560 ca.),
Giovane monaco allo scrittoio, 1520 ca.
Unico maschio di una famiglia di cinque figli, i miei genitori si sono sempre sforzati di darmi una sana educazione cristiana.
Ancora piccolo, ho avuto la grazia di assistere agli inizi della comunità tradizionale a Colmar, crescendo alla sua ombra e investendomi poco a poco come ministrante e poi nello scoutismo. Mediante il servizio all’altare, mi sono immerso nel cuore della liturgia, quest’azione divina che fa scendere un po’ di Cielo sulla terra, e ho percepito una viva attrazione per il sacro. Dallo scoutismo ho appreso il dono e il superamento di sé, come pure lo spirito di équipe che rispetta la debolezza del più piccolo e si appoggia sui più valorosi in un ambiente di sana fraternità: una vera piccola scuola di vita monastica!
Verso l’età dei cinque anni visitavo con la mia famiglia il monastero benedettino di Le Barroux, situato in un bel paesaggio della Provenza, immerso tra il Mont Ventoux e le Dentelles de Montmirail. In questo monastero a quel tempo ancora in costruzione, la vita monastica era vissuta nella sua purezza originale e io ne fui davvero colpito. All’età di dodici anni ebbi una convinzione interiore che Dio mi chiamava a condurre la vita monastica in questo monastero e quattro anni più tardi inoltrai molto seriamente la mia domanda di ammissione… che poté essere accettata solo dopo il mio diciottesimo anno.
Leggendo queste righe si potrebbe pensare che il mio itinerario è avvenuto molto semplicemente… niente affatto. Durante i cinque anni che hanno preceduto la mia entrata nella vita religiosa, sono stato ininterrottamente combattuto dal desiderio di fondare una famiglia, di avere un mestiere appassionante o di fare qualcosa di straordinario, al punto di dimenticare talora completamente questo desiderio di donarmi a Dio; una lotta interiore spesso pesante da sopportare. Finalmente, è stato Lui ad avere l’ultima parola: ero nelle sue mani.
A una persona desiderosa di donare la propria vita a Dio, o che non si è mai posto seriamente il problema della vocazione, io proporrei di prendersi il tempo di fare silenzio nel proprio cuore, per ascoltare il Signore, che ha tante cose da dirci. Una visita quotidiana in una chiesa; dopo la comunione, un’azione di grazie non abbreviata dalle mondanità in uso sul sagrato; un tempo breve nel corso della giornata per leggere la Sacra Scrittura… Prendere sul serio la propria vita cristiana e compiere con amore il proprio dovere di stato attuale, è la preparazione per eccellenza alla vita consacrata. La santa Vergine è la Madre di tutte le vocazioni: non dimentichiamoci mai di porci sotto la sua protezione.
La Chiesa ci dà il dovere di scoprire la nostra vocazione di figli di Dio. Scriveva Guy de Larigaudie : «La vita ideale è quella in cui Dio ci vuole, individualmente, monaco, avventuriero, poeta, calzolaio o assicuratore». Noi tutti abbiamo la vocazione all’eterna beatitudine. Onde permetterci di corrispondervi, il Signore propone a ciascuno lo stato di vita mediante il quale, nel suo piano divino, noi potremo rendergli gloria nel modo migliore.
«Non abbiate paura di Cristo – ci diceva Benedetto XVI –, colui che si dona a Lui riceve il centuplo». Non abbiamo paura di camminare controcorrente nella società attuale!
Dopo otto anni di vita monastica, se mi chiedessero «saresti pronto a ricominciare?», forse vi rifletterei un istante… poiché, non bisogna nasconderlo, se la vita monastica fosse una situazione comoda, i monasteri sarebbero brulicanti di vocazioni! Al contrario, il Signore non risparmia le prove a coloro che diventano suoi amici. San Benedetto parla bene di «tutta la durezza e l’asperità del cammino che conduce a Dio». Ancor più, non basta avere la vocazione affinché una vita consacrata sia vissuta in una facile quiete. Essere fedele all’appello divino è la battaglia di tutta una vita, e il privilegio di vivere in un ambiente protetto, separato dal mondo, al riparo da numerose preoccupazioni, in una comunità ove tutto è perfettamente organizzato, talora può diventare un autentico purgatorio…
Queste considerazioni sono certamente gravi, ma non devono farci dimenticare che la vocazione religiosa è una chiamata puramente gratuita e senza alcun rapporto con i nostri meriti. La ragione umana non lo può spiegare, se non per un misterioso scambio d’amore del Creatore verso la sua creatura, quest’ultima non avendo altro che la propria fiducia da presentare quale cantico di azione di grazie. Cosa sono le nostre croci paragonate a quella di Cristo, gravata da tutte le nostre sofferenze e infedeltà riunite, assunte in uno slancio di misericordia per essere offerte al Padre?
Perciò, alla domanda posta più in alto, risponderei – non senza rimpiangere di avere esitato – «sì, di tutto cuore!». Un sapiente diceva che i monaci sono gli uomini più felici sotto il sole. Nell’attesa di pronunciare i miei voti definitivi, qualche anno di apprendistato monastico mi permette di dirvi che questo sapiente era davvero un gran saggio!
 
[C’est Lui qui eut le dernier mot, trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]

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