martedì 28 aprile 2015

Pellegrinaggio di Pentecoste 2015 Parigi-Chartres

Dal 23 al 25 maggio 2015 si svolgerà la 33ma edizione del Pellegrinaggio di Pentecoste, che come vuole la tradizione ripresa da Charles Péguy (1873-1914) – riattivata, nel 1983, nello spirito dei fratelli Henri (1883-1975) e André Charlier (1895-1971) –, accompagna i pellegrini a piedi, dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, per un totale di circa cento chilometri. A organizzare questo imponente pellegrinaggio, al quale è attesa la partecipazione di varie migliaia di persone (perlopiù giovani), è l’associazione Notre-Dame de Chrétienté, secondo una carta fondativa che vuole questa iniziativa – d'impronta mariana e liturgicamente vincolata alla forma extraordinaria del Rito romano – posta sotto legida del motto Tradizione - Cristianità - Missione.
Questanno il tema del pellegrinaggio Parigi-Chartres è Gesù Cristo salvatore del mondo. Le tre giornate del pellegrinaggio sono poste rispettivamente sotto il patrocinio di sant’Ilario (23 maggio: L’Incarnazione), di san Luigi (24 maggio: La Redenzione) e di santa Maria Maddalena (25 maggio: Il Risorto, nostra speranza).
Gli organizzatori hanno già reso noto i nomi dei celebranti dei momenti liturgici salienti del pellegrinaggio:
– Alla partenza del pellegrinaggio, sabato 23 maggio, Messa solenne alle ore 7 nella cattedrale Notre-Dame di Parigi, celebrata da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., Padre Abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux.
– Nella solennità di Pentecoste, domenica 24 maggio, Messa pontificale alle ore 12 presso l’ippodromo di Rambouillet, celebrata da Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana (Kazakhstan).
– La sera di domenica 24 maggio, adorazione eucaristica presso il bivacco di Gas, presieduta da Mons. Michel Pansard, vescovo di Chartres.
– Al termine del pellegrinaggio, lunedì 25 maggio, Messa pontificale alle ore 15 nella cattedrale Notre-Dame di Chartres, celebrata da Padre Emmanuel-Marie de Saint Jean, Abate dei Canonici regolari della Madre di Dio dell’abbazia Sainte-Marie de Lagrasse.
Mentre invitiamo i lettori di Romualdica a unirsi in preghiera ai pellegrini che si accingono a compiere quest’avventura spirituale e umana – anche quest’anno è possibile diventare pellegrini “angeli custodi” –, rimandiamo alla lettura e meditazione dell’omelia Chartres,1985: “è un monaco che vi parla”, pronunciata a Chartres nel 1985, in conclusione di quell’edizione del pellegrinaggio, da Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux; e a quella pronunciata nel 2005 da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B.

Share/Save/Bookmark

sabato 4 aprile 2015

L'arte di esprimersi

Un Padre Abate benedettino un giorno mi disse che non si era mai dispiaciuto di un solo capitolo conventuale. Il solo rammarico che poteva avere a questo proposito era quello di non avere consultato la sua comunità su una questione importante. Il capitolo conventuale occupa un posto importante nella Regola benedettina, il secondo dopo l’Abate. Il terzo capitolo ne definisce lo svolgimento: dopo avere convocato tutti i fratelli, anche i più giovani, l’Abate espone la questione e ascolta il parere di tutti. Poi egli delibera e sceglie ciò che reputa più opportuno. Per san Benedetto è evidente che i fratelli devono potere godere di una grande libertà d’espressione, libertà di cui si è parlato a torto e a ragione dopo gli attentati islamisti dello scorso gennaio. Se per san Benedetto la libertà d’espressione di tutti è importante, vi è che spesso Dio rivela ciò che è migliore ai più giovani. La libertà d’espressione non è dunque una libertà assoluta di dire non importa cosa. Essa è determinata dalla nobile capacità umana di essere la voce di Dio e non deve mai diventare un’occasione offerta al diavolo di seminare la stupidità e l’odio.
La libertà d’espressione benedettina è paragonabile a un seme che san Benedetto semina in una buona terra, ricca di elementi capaci di fare fruttificare in maniera divina.
Il primo di questi elementi è l’ascolto. Prima di parlare, il monaco deve imparare ad ascoltare. D’altro canto, è il primo monito della Regola: “Ausculta, o fili”. Ascolta, figlio mio, i precetti del Maestro e non le tue passioni, le tue opinioni, i tuoi sentimenti passeggeri. Ascolta la Sapienza con l’orecchio del tuo cuore e della tua coscienza. Impara a tacere, apprendi a fare silenzio prima di parlare, perché la parola è preziosa, essa ha per vocazione di essere un’eco del Verbo che è presso Dio, che è orientato a Dio. La lectio divina, la meditazione con il cuore della Scrittura, dei salmi, della preghiera della Chiesa e della Regola – in una parola la verità insegnata – è la scuola migliore al servizio della libertà d’espressione. Perché l’uomo non è una divinità, non è che l’immagine di Dio.
Il secondo elemento è il modo d’esprimersi. I fratelli sono chiamati a dare il loro parere con totale umiltà e sottomissione, senza presunzione né sfrontatezza. Ciò che viene da Dio non tollera infatti la buffoneria, le parole oziose o beffarde e la sistematica contraddizione. A tal proposito, Dom Gérard diceva in maniera elegante: “Per lottare contro lo spirito di contraddizione, entrare nel pensiero degli altri per riconciliarlo con il proprio”. San Benedetto è molto severo con il cattivo spirito: “Chi si permette un simile contegno, sia sottoposto alle punizioni previste dalla Regola”. Punizioni esercitate però dall’autorità competente, e non da chiunque, e senza kalashnikov. In maniera più positiva, i monaci hanno la grazia immensa di essere alla scuola del canto gregoriano, che esprime delle verità autentiche, belle e talora terribili, ma con una dolcezza che dà alle passioni la loro giusta misura. Sembra addirittura che il canto gregoriano, più ancora della musica classica, renda intelligenti. Anche educati, mentre il cinismo, per quanto brillante, rende stupidi e malvagi.
Il terzo elemento è il giudizio finale. San Benedetto ricorda spesso nella Regola che il Padre Abate dovrà rendere conto di tutte le sue decisioni. Ciò è vero inoltre per ciascuno dei fratelli per ogni parola. Come il segretario del capitolo annota tutti gli interventi nel corso dei capitoli, così gli angeli trascrivono ogni parola nel grande libro del giudizio finale, con tutte le conseguenze prevedibili. Perché le parole sono come dei fiammiferi, che mediante una piccola fiamma, possono fare esplodere un incendio d’amore o di scandalo.
Che le nostre comunità e le nostre famiglie cristiane possano diventare, per la grazia dello Spirito Santo, delle oasi di vera libertà d’espressione!

[Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, editoriale di Les amis du monastère, n. 153, 21 marzo 2015, pp. 1-2, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]

Share/Save/Bookmark